Ketubbot - Hakotev Leishto - 83
83a CHI SCRIVE A SUA MOGLIE CAPITOLO NONO KETUBBOT

 
È permesso copiare e divulgare la presente pagina a condizione che a capo e a piè pagina sia riportata la scritta da "Chavruta" di Rav Mordechai Goldstein

 
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Mishna Colui che scrive a sua moglie: non ho alcun diritto sui tuoi beni, ciononostante ne mangia l'usufrutto durante la vita di lei, e se muore la eredita.
Se è così, perchè mai le scrive: non ho alcun diritto sui tuoi beni?
Perchè se lei vendette o regalò qualcuno di tali beni, la transazione ha valore.
Le scrisse: non ho alcun diritto sui tuoi beni e sui loro frutti, or costui non mangia i frutti nella sua vita, e se muore la eredita.
R'Yehuda dice: ognora mangia i frutti dei frutti, fino a che le scriverà: non ho alcun diritto sui tuoi beni e sui loro frutti e sui frutti dei loro frutti per sempre.
Le scrisse: non ho alcun diritto sui tuoi beni e sui loro frutti e sui frutti dei loro frutti durante la tua vita e dopo la tua morte, non mangia i frutti durante la sua vita e se muore non la eredita.
Rabban Shimon ben Gamliel dice: se muore la erediti, perchè sottopone a condizioni quanto è scritto nella Tora, e chi sottopone a condizione quanto è scritto nella Tora, la sua condizione non ha valore.
Mishna 83a
La Ghemara riporta una diversa versione della nostra Mishna:
Insegnava R'Chiya: Colui che dice a sua moglie e non solo colui che scrive, come nella nostra Mishna.
La Ghemara chiede:
E quand'anche le scrivesse così: "non ho alcun diritto sui tuoi beni", cosa sarebbe? Che valore avrebbe? Infatti imparammo in una Baraita: COLUI CHE DICE AL SUO COMPAGNOcomproprietario dei suoi beni o gli scrive "NON HO ALCUN DIRITTO SU QUESTO CAMPO" o "E NON VI HO NULLA A CHE FARE"o "E NON VI TENGO SU LE MANI" - NON HA DETTO NIENTE, perchè non hanno alcun valore queste dichiarazioni di rinuncia come lo avrebbe una dichiarazione di donazione.
La Ghemara spiega:
Dissero quelli della casa di studio di R'Yanai: Nella nostra Mishna si parla del caso di uno che le scrive questo atto di rinuncia quando lei è ancora fidanzata, e siccome non è entrato ancora in possesso dei beni di lei con questo atto può rinunciarvi, e secondo l'insegnamento di R'Kahana, perchè disse R'Kahana: Il possesso che giunge all'uomo da un altro posto che non sia da diretta eredità ma ad esempio attraverso il matrimonio, egli può dichiarare di non volerlo ereditare e la sua dichiarazione ha valore, e secondo l'insegnamento di Rava, perchè disse Rava: Colui che dice "Non voglio usufruire di una disposizione dei Chachamim come questa", gli si deve dar retta.
La Ghemara chiede:
Che sarebbe "come questa"?
La Ghemara spiega:
Secondo quanto disse R'Huna in nome di Rav, perchè disse R'Huna in nome di Rav: Una donna può dire a suo marito: "Non mi alimento del tuo e non faccio servizi per te", siccome è una disposizione dei Chachamim a favire della donna che lei abbia diritto agli alimenti in cambio dei servizi che presta in favore del marito, lei può rinunciare a tale disposizione.
La Ghemara chiede:
Se così è, persino da sposata il marito può dirle: "non ho alcun diritto sui tuoi beni" e rinunciare agli effetti di una disposizione dei Chachamim a suo favore. Perchè R'Yanai disse che la nostra Mishna si riferisce al periodo antecedente al matrimonio?
Ghemara 83a
La Ghemara spiega:
Disse Abbaye: Da sposata, la mano di lui è come la mano di lei, egli ormai è comproprietario dei suoi beni e non può rinunciarvi con una dichiarazione che, come vedemmo sopra, non ha alcun valore.
 Da sposati, la mano di lui è più forte della mano di lei.
La Ghemara riporta un altro parere:
Ma Rava disse: Da sposati, la mano di lui è più forte della mano di lei. Il suo diritto sui beni è più forte del diritto di lei.
La Ghemara illustra la differenza tra le due shitot:
Viene fuori la differenza tra la shita di Abbaye e quella di Rava nella shomeret yavam, se infatti da sposata diciamo come Abbaye, nel caso della shomeret yavam la sua mano sui suoi beni è più forte di quella di lui, a cui viene solo dalla zikkat yibbum, se invece da sposata diciamo come Rava, nella situazione dello yibbum sono forti alla pari.
La Ghemara chiede a proposito della Baraita dei comproprietari citata sopra:
Si chiesero gli studenti della Yeshiva: Se oltre alla dichiarazione di rinuncia fecero kinyan dalla sua mano, quale è il din?
La Ghemara spiega:
Disse R'Yosef: Un tipo di dichiarazione e niente più hanno acquistato dalla sua mano, e non vi è kinyan che possa dar valore ad una dichiarazione di quel tipo.
La Ghemara riporta un altro parere:
Ma R'Nachman disse: Il terreno vero e proprio hanno acquistato dalla sua mano, ha avuto luogo il kinyan del campo.
La Ghemara conclude:
Disse Abbaye: Sembra ragionevole quanto detto da R'Yosef
83b
per lo sporgente ricorso contro il comproprietario che viene a prendere possesso del terreno a cui egli aveva dichiarato di rinunciare, con la sola intenzione di evitare inutili contese. Tuttavia per colui che si è insediato e ha già in sostanza posseduto il campo in questione, e colui che scrisse la dichiarazione di rinuncia, essendosi ricreduto, vuole allontanarvelo, noi diciamo che il terreno vero e proprio ha acquistato dalla sua mano, ha avuto luogo il kinyan del campo, e non c'è più la possibilità di cambiare le cose.
La Ghemara riporta una discussione al riguardo dell'ultima generazione di Amoraim:
Disse Amemar: L'halacha è che il terreno vero e proprio hanno acquistato dalla sua mano secondo il parere di R'Nachman.
Disse R'Ashi ad Amemar: Che l'halacha segue R'Nachman vale anche perlo sporgente ricorso o soltanto per colui che si è insediato nel campo? Per cosa viene fuori la differenza, per la shita di R'Yosef, per dire che nel caso dello sporgente ricorso l'halacha segue il suo parere, perchè quanto alla shita di R'Nachman in ogni caso il kinyan investe il terreno vero e proprio.
Gli disse Amemar: Non mi pare, cioè non mi sembra. E l'halache rimane secondo R'Nachman, che il kinyan è valido sia per lo sporgente ricorso sia per colui che si è già insediato, essendo che esso investe il terreno vero e proprio.

La Ghemara cita un passo della nostra Mishna:
Colui che scrive a sua moglie: non ho alcun diritto sui tuoi beni, ciononostante ne mangia l'usufrutto durante la vita di lei, e se muore la eredita. SE È COSÌ, PERCHÈ MAI LE SCRIVE: non ho alcun diritto sui tuoi beni? Perchè se lei vendette o regalò qualcuno di tali beni, la transazione ha valore.
La Ghemara osserva:
Siccome la dichiarazione di rinuncia ha valore, potrebbe la moglie dirgli: Da ogni cosa ti sei tolto di mezzo, dal mangiare i frutti dei miei beni in vita e dall'ereditarli alla mia morte e non solo dalla possibilità di annullare una mia eventuale vendita!
La Ghemara chiarisce:
Disse Abbaye: Vige il principio: La mano di chi possiede un documento è in basso, cioè essendo che noi limitiamo i diritti del marito in base alla dichiarazione scritta in possesso della moglie, gli applichiamo la limitazione più piccola possibile.
La Ghemara chiede: 
In base a quanto detto da Abbaye, diciamo piuttosto che egli ritirò il proprio diritto dall'usufrutto dei beni della moglie, che è cosa minore della possibilità di annullarne la vendita, che portebbe alla perdita totale sia dei beni che dell'usufrutto!
La Ghemara risponde:
Dice il proverbio: Un fagiolino oggi è meglio di una zucca domani. L'usufrutto dei beni è cosa attuale e sicura, mentre la vendita è cosa futura e incerta.
La Ghemara chiede: 
Diciamo piuttosto che egli ritirò il proprio diritto dall'eredità, che è in effetti la cosa di minor valore perchè sussiste la possibilità che lei gli sopravviva!
La Ghemara risponde:
Disse Abbaye: La morte è un'evenienza comune, la vendita dei beni di famiglia non è un'evenienza comune, e quando uno ritira i propri diritti da qualcosa, li ritira da una cosa non comune, non li ritira da una cosa  comune.
La Ghemara riporta un'altra opinione:
R'Ashi disse: Possiamo dedurre che il marito non intende ritirare il proprio diritto dall'eredità da una lettura attenta del documento, vi è scritto infatti: non ho alcun diritto sui tuoi beni, e non sui loro frutti sui quali mantengo il diritto, sui tuoi beni, finchè ti appartengono cioè durante la tua vita ma non dopo la morte, e mantengo il diritto ad ereditarli.

La Ghemara cita un passo della nostra Mishna:
Le scrisse: non ho alcun diritto sui tuoi beni e sui loro frutti, or costui non mangia i frutti nella sua vita, e se muore la eredita.R'YEHUDADICE: OGNORA MANGIA I FRUTTI DEI FRUTTI.
La Ghemara cita una Baraita sull'argomento:
Insegnarono Rabbanan in una Baraita: QUALI SONO I FRUTTI E QUALI SONO I FRUTTI DEI FRUTTI? GLI PORTÒ UN CAMPO E QUESTO DETTE FRUTTI - QUESTI SONO FRUTTI, VENDETTE TALI FRUTTI E PRESE DA LORO UN CAMPO, E QUESTO DETTE FRUTTI - QUESTI SONO FRUTTI DEI FRUTTI.
La Ghemara chiede a proposito della Baraita:
Si chiesero gli studenti della Yeshiva: Secondo l'opinione di R'Yehuda per cui la formula della rinuncia totale a tutti i diritti è "fino a che le scriverà: non ho alcun diritto sui tuoi beni e sui loro frutti e sui frutti dei loro frutti per sempre", l'espressione "frutti dei loro frutti" è proprio la formula indispensabile, o forse "per sempre" è proprio la formula indispensabile, o forse tutte e due assieme sono proprio la formula indispensabile?
La Ghemara chiarisce:
Se vorrai dire che "frutti dei loro frutti" è proprio la formula indispensabile, "per sempre" a che mi serve?
Ci insegna che dal momento che le ha scritto "frutti dei loro frutti" è come se le avesse scritto "per sempre", tuttavia se non aggiunse "per sempre" va bene lo stesso. E se vorrai dire che "per sempre" è proprio la formula indispensabile, "frutti dei loro frutti" a che mi serve? Ci insegna che benchè le abbia scritto "frutti dei loro frutti", se le scrisse anche "per sempre", vale come rinuncia totale, se non le scrisse anche "per sempre", non vale ed egli mangia i frutti dei frutti dei frutti. E se vorrai dire che tutte e due assieme sono proprio la formula indispensabile, tutte e due assieme a che mi servono? Bisogno proprio scriverli entrambi, perchè se le scrisse "frutti dei loro frutti" e non le scrisse "per sempre", sarei portato a concludere che i frutti dei loro frutti son quelli che non mangia, ma i frutti dei frutti dei loro frutti, li mangia - per questo c'è bisogno di "per sempre". E se le scrisse "per sempre"e non le scrisse "frutti dei loro frutti", sarei portato a concludere che il "per sempre" si riferisce ai frutti, per dire che essi sono per sempre esclusi, ma sui "frutti dei loro frutti" egli ancora ha diritto, per questo c'è bisogno de i "frutti dei loro frutti".

La Ghemara chiede:
Si chiesero gli studenti della Yeshiva: Se le scrisse: "non ho alcun diritto sui tuoi beni e sui frutti dei loro frutti", cosa sarebbe se lui mangiasse i frutti? Forse che con questa formula ha ritirato il suo diritto dai frutti dei frutti, ma non lo ha ritirato dai frutti o forse ha ritirato il suo diritto da tutto?

Ghemara 83b
La Ghemara risponde:
È ovvio che ha ritirato il suo diritto da tutto, perchè se tu dirai che ha ritirato il suo diritto dai frutti dei frutti, ma non lo ha ritirato dai frutti, dal momento che mangia i frutti, i frutti dei frutti da dove verranno?
La Ghemara respinge questa soluzione:
Ma secondo il tuo modo di ragionare per cui lui ritirò certamente il suo diritto dai frutti, a quanto impariamo nella Mishna:R'YEHUDA DICE: OGNORA MANGIA I FRUTTI DEI FRUTTI, fino a che le scriverà: . . . "e sui frutti dei loro frutti per sempre", è possibile muovere la stessa obiezione: dal momento che mangia i frutti, i frutti dei frutti da dove verranno? Piuttosto bisogna intendere la Mishna nel caso in cui lei mise da parte dei frutti e con questo quantitativo comprò un campo, e dai frutti di questo campo egli mangia i frutti dei frutti, e allora anche qui bisogna intendere che ci si riferisce al caso in cui mise da parte dei frutti e da essi comprarono un campo e sui frutti di questo campo egli non ha diritto. Quindi la domanda iniziale: "cosa sarebbe se lui mangiasse i frutti" non ha una risposta ovvia.
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