21a VEELU MEGALLECHIN CAPITOLO TERZO MO'ED KATAN

 
 
È permesso copiare e divulgare la presente pagina a condizione che a capo e 
a piè pagina sia riportata la scritta da "Chavruta" di Rav Mordechai Goldstein

 
 
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[da Daf 20b:
La Ghemara cita un incidente relativo:
Ad Amemar morì il figlio del figlio. Egli strappò il suo abito per lui. Suo figlio arrivò, ed egli strappò nuovamente in sua presenza. Egli allora si ricordò che aveva strappato da seduto, si alzò e strappò nuovamente in piedi.
La Ghemara chiede:
Gli disse Rav Ashi ad Amemar: Da dove deriviamo che lo strappo si deve fare in piedi?
La Ghemara risponde:
Da quanto è scritto: E Iov si alzò e strappò il suo abito. -- fino a qui da Daf 20b] 
La Ghemara mette  in discussione questa derivazione:
E allora da qui: Ed egli si alzerà e dirà: non voglio prenderla, anche qui, nella chaliza, bisogna stare in piedi? Ma fu insegnato in una Baraita: Una che ricevette la chaliza SIA dall'uomo SEDUTO O IN PIEDI O APPOGGIATO la sia chaliza è valida. A quanto pare l'espressione egli si alzerà e dirà è semplicemente un modo di dire e non implica che si debba in effetti alzarsi, similmente in Iov, la frase E Iov si alzò e strappò il suo abito, non deve essere presa alla lettera e non si può usare per dimostrare che lo strappo va fatto in piedi.
La Ghemara difende la derivazione di Amemar:
Gli disse [Amemar a Rav Ashi]: Là non è scritto: Egli si alzò ed egli disse, mentre qui, nel versetto di Iov, è scritto: E [Iov] si alzò e strappò . . .
La Ghemara riporta un altro Amora che riferisce la stessa derivazione per questa legge:
Disse  Rami bar Chama: Da dove deriviamo che lo strappo si fa  in piedi? Perchè è scritto: E Iov si alzò e strappò il suo abito.

La Ghemara mette  in discussione questa derivazione:
Forse [Iov] fece qualcosa di eccessivo quando si alzò per strapparsi le vesti ma la legge non lo richede? Perchè se tu non dici così, quando il versetto continua dicendo: ed egli si strappò i capelli dalla testa, anche qui questo è quanto la legge richiede? Certo che no! È chiaro che le manifestazioni di lutto di Iov andavano oltre a quello che la legge richiede e da esse non si può dimostrare quanto è richiesto a una persona in lutto.
La Ghemara accetta questo punto e propone una fonte alternativa:
Piuttosto, noi possiamo dimostrare che nella cerimonia dello strappo di deve stare in piedi, da qui: E il re si alzò e si stracciò le vesti.
La Ghemara mette  in discussione questa fonte:
Forse [il re David] fece qualcosa di eccessivo quando si alzò per strapparsi le vesti ma la legge non lo richede? Perchè se tu non dici così, quando il versetto continua dicendo: ed egli giacque sul terreno, anche qui questo è quanto la legge richiede? Certo che no! Perchè mentre la persona in lutto deve capovolgere il letto, egli non deve dormire sul terreno! Perchè venne insegnato in una Baraita: SE EGLI non capovolse il sua letto, ma invece DORMÌ SU UN LETTO diritto ma senza materasso, o SU UNA SEGGIOLA, o SU DI UN grande MORTAIO, O, PIÙ comodo DI TUTTO, SUL TERRENO,  NON HA ASSOLTO AL SUO OBBLIGO. E disse R'Yochanan: ciò significa che egli non ha compiuto il suo dovere di capovolgere il letto, perchè nessuna altra posizione, per scomoda che sia, può sostituire il capovolgimento del letto. È chiaro che le manifestazioni di lutto del re Davide andavano oltre a quello che la legge richiede e da esse non si può dimostrare quanto è richiesto a una persona in lutto.
La Ghemara risponde:
Gli disse: Il versetto non vuol dire che il Re David dormì veramente sul terreno, ma come se fosse sul terreno, cioè su un letto capovolto. In conseguenza, David si attenne a quanto richiesto dalla legge, e quindi noi possiamo citare le sue azioni come fonte del requisito che durante lo strappo dell'abito la persona in lutto stia in piedi.
La Ghemara cita una Baraita che elenca le restrizioni della shiva:
Rabbanan insegnarono in una Baraita: QUESTE SONO  LE COSE PROIBITE AD UNA PERSONA IN LUTTO: GLI È PROIBITO FAR LAVORO, LAVARSI, UNGERSI, AVERE RAPPORTI CONIUGALI E CALZARE SCARPE. E GLI È PROIBITO STUDIARE LA TORA, I PROFETI E GLI SCRITTI, O STUDIARE MISHNA, MIDRASH, HALACHOT,TALMUD E AGGADOT. MA SE IL PUBBLICO HA BISOGNO DI LUI NON DEVE ASTENERSI dal farlo. E ACCADDE CHE MORÌ ILFIGLIO DI R'YOSE A ZIPPORI, ED EGLI ENTRÒ NELLA CASA DI STUDIO EDINSEGNÒ PER L'INTERO GIORNO.
La Ghemara cita un altro simile episodio:
A Rabba bar bar Chana accadde una disgrazia (cioè gli morì un parente ed entrò in lutto). Pensò di non dover uscire a dare la sua consueta lezione al pubblico. Gli disse R'Chanina: Se il pubblico ha bisogno di lui non si astiene dall'insegnare Tora. Rabba bar bar Chana andò allora a dare la sua lezione e pensava di mettere un dicitore al suo fianco. Gli disse Rav: Fu insegnato in una Baraita: E SOLTANTO CHE NON METTA LÌ UN DICITORE.
La Ghemara spiega come egli avrebbe dovuto fare:
E allora, come egli avrebbe dovuto fare? Come venne insegnato in una Baraita: E ACCADDE CHE MORÌ ILFIGLIO DI R'YEHUDA BAR IL'AI E, pur essendo in lutto, ENTRÒ NELLA SALA DI STUDIO per dare la sua regolare lezione, ED ENTRÒ R'CHANANYA IL FIGLIO DI 'AKAVYA E SEDETTE ACCANTO A LUI. ED EGLI [R'Yehuda bar Iil'ai] SUSSURRÒ la lezione A R'CHANANYA IL FIGLIO DI 'AKAVYA,  E R'CHANANYA IL FIGLIO DI 'AKAVYA sussurrò la lezione AL DICITORE, E IL DICITORE LA FECE SENTIRE AL PUBBLICO.

La Ghemara tratta ora la proibizione alla persona in lutto di mettere i tefillin:
Rabbanan insegnarono in una Baraita: ALLA PERSONA IN LUTTO PER I  PRIMI TRE GIORNI della shiva È PROIBITO METTERE I TEFILLIN. Ma a partire DAL TERZO GIORNO, IL TERZO GIORNO INCLUSO, GLI È PERMESSO METTERE I TEFILLIN. E, inoltre, anche SE il terzo giorno VENNERO FACCE NUOVE NON SE LI TOGLIE. PAROLE DI R'ELIEZER. R'YEHOSHUA DICE: ALLA PERSONA IN LUTTO PER I PRIMI DUE GIORNI della shiva È PROIBITO METTERE I TEFILLIN. Ma a partire DAL SECONDO GIORNO, IL SECONDO GIORNO INCLUSO,GLI È PERMESSO METTERE I TEFILLIN.ma SE VENNERO nel secondo giorno FACCE NUOVE, SE LI TOGLIE.
La Ghemara mette in luce le basi per questi ordinamenti:
Disse R'Matna: Qual'è la ragione di R'Eliezer? Perchè è scritto: e terminarono i giorni (cioè due) del pianto per il lutto di Moshe.
Disse Rav 'Aina: Qual'è la ragione di R'Yehoshua? Perchè è scritto: Ed io renderò [la terra] come in lutto per un solo [figlio], e la sua fine come un giorno amaro, il che implica che il lutto più amaro dura un giorno.
La Ghemara riferisce come ciascuno dei due Tannaim interpreta il versetto portato dall'altro come prova:
Ma anche R'Yehoshua deve fare i conti con quanto è scritto: e terminarono i giorni del pianto per il lutto di Moshe, quale è la sua spiegazione? Ti direbbe: diverso èil lutto di Moshe, perchè esso fu particolarmente forte, ma la norma resta di un giorno. Ma anche R'Eliezer deve fare i conti con quanto è scritto:  e la sua fine come un giorno amaro, quale è la sua spiegazione? Ti direbbe che la fondamentale amarezza è per un giorno.
La Ghemara cita un ordinamento riguardante questo argomento:
Disse Ulla: l'halacha segue R'Eliezer quanto al toglierli [i tefillin] e l'halacha segue R'Yehoshua quanto al metterli di nuovo.
La Ghemara si domanda quale sia il preciso significato dell'ordinamento di Ulla:
Essi chiesero: Nel secondo giorno di shiva secondo Ulla toglie i tefillin se vennero facce nuove o non li toglie?
La Ghemara risolve:
Vieni a sentire la risposta, data da Ulla stesso: Disse Ulla: Egli deve toglierli e poi li rimette anche cento volte.
La Ghemara cita una Baraita a sostegno di Ulla:
Questo fu anche insegnato in una Baraita: IEHUDA BEN TEMA DICE: EGLI DEVE TOGLIERLI E poi LI RIMETTE ANCHE CENTO VOLTE.
La Ghemara cita un'opinione opposta:
Rava disse: Una volta che li ha messi nel secondo giorno di shivaegli non li toglie anche se arrivano facce nuove.
La Ghemara mette in discussione l'ordinamento di Rava:
Ma fu Rava che disse: l'halacha è come il nostro Tanna, cioè il Tanna della nostra Mishna, che dice che tre giorni di shiva sono richiesti prima della festa in modo che la festa cancelli la shiva, perchè il più intenso periodo di shiva dura tre giorni. Di conseguenza, la proibizione di portare i tefillin dovrebbe estendersi anche al terzo giorno! - ? -

21b
La Ghemara risponde:
Una mizva, come mettere i tefillin, è differente.
La Ghemara cita alcune Baraitot che si occupano della particolare severità dei primi tre giorni di shiva:
Rabbanan insegnarono in una Baraita: ALLA PERSONA IN LUTTO PER I  PRIMI TRE GIORNI della shiva È PROIBITO FARE LAVORI, E PERSINO UN POVERO CHE SI MANTIENE CON LA ZEDAKA. DA ALLORA IN POI PUÒ LAVORARE A CASA CON RISERBO. E LA DONNA,dopo il terzo giorno di shiva,FILA COL FUSO ALL'INTERNO DELLA SUA CASA.
Rabbanan insegnarono in una Baraita: ALLA PERSONA IN LUTTO PER I  PRIMI TRE GIORNI della shiva NON PUÒ ANDARE AD UN'ALTRA CASA IN LUTTO. DA ALLORA IN POI PUÒ ANDARE, MA NON DEVE SEDERE NEL POSTO DEI CONSOLATORI MA NEL POSTO DI COLORO CHE VENGONO CONSOLATI.
Rabbanan insegnarono in una Baraita: ALLA PERSONA IN LUTTO PER I  PRIMI TRE GIORNI della shiva È PROIBITO SALUTARE gli altri. DAL TERZO AL SETTIMO PUÒ RISPONDERE MA NON PUÒ PORGERE il suo saluto ad altri. DA ALLORA IN POI PUÒ RISPONDERE E PORGEREil saluto ad altri COME FA SEMPRE.
La Ghemara analizza quest'ultima Baraita:
[ALLA PERSONA IN LUTTO] PER I  PRIMI TRE GIORNIdella shiva È PROIBITO SALUTAREgli altri.
La Ghemara chiede:
Ma fu insegnato diversamente nella seguente Baraita:ACCADDE CHE MORIRONO  I FIGLI DI R'AKIVA, E TUTTO ISRAELENTRÒ E FECERO LORO UN GRANDE ESPED. AL MOMENTO CHE SI CONGEDARONO da lui R'AKIVA STAVA SU UNA GRANDE PANCA E DISSE: FRATELLI NOSTRI, CASA DI ISRAEL, ASCOLTATE: PERSINO SE AVESSI SEPPELLITO DUE FIGLI SPOSATI, SAREI STATO CONSOLATO PER L'ONORE CHE MI AVETE FATTO. E SE PER AKIVA SIETE VENUTI, QUANTI AKIVA CI SONO AL MERCATO che voi non onorate così. INVECE, VOI DICESTE: LA LEGGE DEL SUO DIO È NEL SUO CUORE, volendo onorare la Tora. E TANTO PIÙ allora LA VOSTRA RICOMPENSA È RADDOPPIATA. ANDATE ALLE VOSTRE CASE IN PACE. In questo episodio vediamo che R'Akiva porse il suo saluto al popolo pur trovandosi all'inizio della shiva!
La Ghemara risponde:
Esprimere rispetto per il pubblico è diverso, ed è permesso persino nei primi tre giorno della shiva.
La Ghemara riporta il prossimo passo della Baraita:
DAL TERZO AL SETTIMO PUÒ RISPONDERE MA NON PUÒ PORGERE il suo saluto ad altri. DA ALLORA IN POI PUÒ RISPONDERE E PORGERE il saluto ad altri COME FA SEMPRE.
La Ghemara mette in discussione questo ultimo ordinamento:
Ma essi contestarono ciò in base alla seguente Baraita: UNO CHE INCONTRA IL SUO AMICO IN LUTTO, DURANTE I TRENTA GIORNI GLI PORGE LE SUE CONDOGLIANZE MA NON LO SALUTA. DOPO I TRENTA GIORNI GLI PORGE IL SALUTO MA NON GLI FA LE CONDOGLIANZE. se gli MORÌ LA MOGLIE ED EGLI SPOSÒ UN'ALTRA DONNA durante gli sheloshim, NON PUÒ ENTRARGLI IN CASA PER FARGLI LE CONDOGLIANZE, MA SE LO INCONTRA AL MERCATO, GLI FA LE CONDOGLIANZE A VOCE BASSA E CON VISO SERIO.Questa Baraita afferma che anche dopo la shiva uno non può salutare una persona in lutto, e si potrebbe pensare che tanto meno la persona in lutto possa porgere il saluto ad altri. Questo sembra contraddire la precedente Baraita che affermò che dopo la shiva la persona in lutto può sia rispondere che porgere il saluto.-? -
La Ghemara risponde:
Disse Rav Idi bar Avin: Egli può, dopo la shiva, augurare la pace agli altri (cioè salutarli) perchè gli altri sono nella pace, ma gli altri non augurano la pace a lui fino a dopo gli sheloshim, perchè fino ad allora egli non si trova in pace.
La Ghemara non accetta questa soluzione:
Ma siccome la prima Baraita affermò che una volta terminati i primi tre giorni della shiva la persona in lutto puòrispondere al saluto degli altri, ciò implica che essi possono salutarlo, e questo certo contrasta con quanto affermato dalla seconda Baraita che gli altri non lo possono salutare fino a dopo gli sheloshim. - ? -
La Ghemara risponde:
La seconda Baraita si riferisce al caso in cui essi non sanno che il tale è in lutto, in tal caso egli può rispondere una volta passati i primi tre giorni.
La Ghemara non accetta questa soluzione:
Se è così, che se gli altri non sanno è permesso rispondere, che gli sia permesso di rispondere persino là, durante i primi tre giorni! 
La Ghemara risponde:
, durante i primi tre giorni, egli li informa del suo stato e non ricambia il saluto, mentre qui, una volta passati i primi tre giorni, egli non è tenuto ad informarli del suo stato ma semplicemente risponde al loro saluto.
L'ultima Baraita citata affermava che dopo gli sheloshim uno può salutare la persona in lutto e non è tenuto a fargli le condoglianze. La Ghemara mette in discussione questo ultimo punto:
Essi contestarono ciò in base alla seguente Baraita: UNO CHE INCONTRA IL SUO AMICO IN LUTTO, DURANTE I DODICI MESI che seguono la morte del parente, GLI PORGE LE SUE CONDOGLIANZE MA NON LO SALUTA.  DOPO I DODICI MESI GLI PORGE IL SALUTO MA NON GLI FA LE CONDOGLIANZE  MA PUÒ PARLARE CON LUI CONSOLANDOLO INDIRETTAMENTE, senza far menzione del defunto. DISSE R'MEIR: UNO CHE INCONTRA IL SUO AMICO IN LUTTO, DOPO I DODICI MESI che seguono la morte del parente, E GLI PORGE LE SUE CONDOGLIANZE, A CHE COSA ASSOMIGLIA? AD UNA PERSONA A CUI SI RUPPE UNA GAMBA E POI GUARÌ, UN MEDICO LO INCONTRÒ E GLI DISSE: VIENI A RICOVERARTI DA ME CHE IO TE LA ROMPO di nuovo E poi TE LA GUARISCO IN MODO CHE TU SAPPIA QUANTO SON BUONI I MIEI FARMACI. Ad ogni modo, questa Baraita afferma che anche dopo gli sheloshim si continuano a fare le condoglianze e non si saluta fino alla fine dei dodici mesi, e questo sembrerebbe contraddire la precedente Baraita che affermò che una volta trascorsi gli sheloshim, le persone in lutto si salutano senza fare le condoglianze. - ? -
La Ghemara risponde:
Non vi è alcuna difficoltà. Quest'ultima Baraita parla del caso di uno in lutto per suo padre o sua madre, mentre quella precedente Baraita  parla del caso di uno in lutto per gli altri parenti.
La Ghemara chiede:
Ma lì anche, nel caso di lutto per altri parenti, che [l'amico] lo consoli indirettamente, anche dopo gli sheloshim, come fa per qualcuno che ha perso un genitore dopo i dodici mesi! Perchè la precedente Baraita afferma categoricamente che non deve più consolarlo dopo gli sheloshim?
La Ghemara risponde:
Proprio così, e cosa intende la Baraita quando dice non gli fa le condoglianze dopo gli sheloshim? Soltanto che non deve fargli le condoglianze alla sua solita maniera, facendo esplicita menzione del defunto. Gli dice, invece, parole di consolazione indirettamente, senza ricordare il defunto.

La Ghemara inizia un nuovo argomento:
Rabbanan insegnarono in una Baraita: LA PERSONA IN LUTTO che era ignara della morte del congiunto ed arrivò sul posto quando gli altri parenti avevano già iniziato ad osservare la shiva, se arrivò entro I  PRIMI TRE GIORNI della shiva, se VIENE DA UN POSTO VICINO EGLI CONTA la shiva ASSIEME AD ESSI, se VIENE DA UN POSTO LONTANO EGLI CONTA la shiva PER CONTO SUO. DA ALLORA IN POI, cioè se arrivò sul posto dopo i primi tre giorni di shiva, ANCHE SE VIENE DA UN POSTO VICINO EGLI CONTA la shiva PER CONTO SUO. R'SHIMON DICE: ANCHE SE ARRIVA IL SETTIMO GIORNO DA UN POSTO VICINO, CONTA la shiva ASSIEME AD ESSI.
La Ghemara precisa:
Il maestro ha detto: se arrivò entro I  PRIMI TRE GIORNI della shiva, se VIENE DA UN POSTO VICINO EGLI CONTA la shiva ASSIEME AD ESSI. Disse R'Chiya bar Abba in nome di R'Yochanan: Questo è vero solo se l'anziano della casa è nella casa dove la shiva viene osservata, allora un giovane che arriva può unirsi alla conta della shiva dei più vecchi. Ma se l'anziano non c'è il giovane deve contare la shiva per proprio conto, a prescindere da quando o da dove arrivi.
Ne consegue che se fu l'anziano ad arrivare a shiva iniziata, egli non può contare la shiva assieme agli altri più giovani, ma deve iniziare la conta per conto suo. Al riguardo la Ghemara solleva il seguente problema:
Essi domandarono:

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